Reverse Charge IVA, cos’è l’inversione contabile, come funziona e quando si applica

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La definizione Reverse Charge IVA, che si può tradurre come inversione contabile dell’IVA, indica un meccanismo fiscale introdotto dalla normativa comunitaria, con lo scopo di contrastare l’evasione e l’elusione fiscale,  per ciò che concerne l’Imposta sul Valore Aggiunto che, secondo le statistiche, è una delle tasse più evase in Europa.

Dal punto di vista tecnico, il Reverse Charge IVA è una modalità di applicazione dell’Imposta sul Valore Aggiunto che consente di traslare l’onere impositivo dal venditore all’acquirente ed è differente dal meccanismo dello Split Payment IVA. Di seguito, si analizza nel dettaglio di cosa si tratta, come funziona e quando si applica.

 

Reverse Charge, cos’è

Il Reverse Charge IVA è un meccanismo contabile che permette al venditore di emettere fattura con l’evidenza dell’importo del solo imponibile senza IVA e all’acquirente di integrare la fattura che riceve con l’importo dell’aliquota d’Imposta sul Valore Aggiunto che si riferisce al tipo di operazione effettuata. Per completare la transazione da un punto di vista contabile, quest’ultimo è peraltro obbligato a una duplice annotazione: sia sul registro delle vendite o dei corrispettivi, sia sul registro degli acquisti.

L’inversione contabile riguarda pertanto un particolare modo di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, in cui l’onere dell’imposizione fiscale viene trasferito dal venditore al compratore, allo scopo di ridurre l’evasione fiscale IVA, soprattutto in alcuni settori statisticamente più affetti da questo fenomeno, quali ad esempio quello edile.

Reverse Charge, come funziona

Può essere utile entrare nel merito di come funziona il Reverse Change.

Una fattura che viene emessa con l’inversione contabile IVA deve essere registrata sul registro fatture emesse (o corrispettivi) e sul registro degli acquisti da parte del destinatario del servizio o bene del caso. Ciò deve avvenire seguendo determinate modalità di fatturazione e registrazione, che prevedono che la fattura sia registrata nel registro acquisti e integrata con l’esposizione dell’IVA; inoltre, deve essere emessa un’autofattura, a sua volta registrata nel registro vendite (o registro dei corrispettivi), per poter rendere l’operazione neutra a fini dell’IVA. È in questo modo che si attiva il meccanismo dell’inversione contabile degli obblighi IVA dal venditore all’acquirente.

Per errori e omissioni, sono previste delle sanzioni, a seconda dei casi, peraltro riprese dalla circolare 16/E/2017 dell’Agenzia delle Entrate, volta a meglio definire il nuovo regime delle sanzioni relative ad operazioni di inversione contabile, in seguito alle variazioni introdotte con il D.Lgs. 158/2015 che ha inserito nuovi commi.

In dettaglio, qualora l’operazione non sia soggetta a imposta o sia esente, l’applicazione errata dell’inversione contabile viene punita con una sanzione tra il 5 e il 10 per cento dell’imponibile, con un minimo di 1000 euro.

Per tutte quelle operazioni soggette al regime del Reverse Charge ma che vengono fatturate secondo la normale procedura di fatturazione o viceversa, è prevista una sanzione che parte dai 250 euro fino a 10000 euro a carico di tutti e due i soggetti interessati, a patto che si tratti di errori legati all’errata fatturazione nell’ambito del regime dell’inversione contabile. Nel dettaglio, la sanzione viene comminata ad ogni liquidazione periodica con riferimento a ciascuno dei soggetti.

Viene prevista una sanzione fissa maggiore che va dai 500 a 20000 euro, sempre per operazioni Reverse Charge ma per le quali il fornitore o il cliente non adempiono alle operazioni previste (integrazione dell’IVA nella fattura di acquisto o creazione dell’autofattura).

Nel caso di errata fatturazione esiste comunque la possibilità di avvalersi del ravvedimento operoso, che prevede una riduzione delle sanzioni a seconda del termine entro cui viene operata la rettifica.

In ambito di obblighi di comunicazioni relative allo Spesometro, le fatture Reverse Charge devono comunque essere inviate secondo le modalità previste.

In particolare, se le suddette riguardano cessione di fabbricati strumentali e subappalti in edilizia, casi in cui l’IVA è assolta dal cessionario, allora la comunicazione deve essere fatta solamente nel caso in cui l’operazione superi il limite di 3000 euro.

 

Reverse Charge quando si applica

Partendo da un piano generale, il  Reverse Change  si applica quando entrambi i soggetti interessati dall’operazione sono soggetti passivi IVA e  a patto che il destinatario del servizio o del bene del caso risieda nel territorio dello Stato.

L’applicazione originaria e più diffusa dell’inversione contabile dell’IVA riguarda il settore dell’edilizia, con una casistica molto dettagliata.

Oltre a questo settore, vi sono altri ambiti in cui si applica il meccanismo dell’inversione contabile. Tra questi, si possono ricordare i principali, quali: gli appalti, i subappalti o i contratti d’opera relative a prestazioni di servizi come l’installazione di impianti, le opere di completamento o demolizione relative a edifici oppure le prestazioni legate ad imprese di pulizia; le cessioni imponibili di oro da investimento o di materiale d’oro; le provvigioni corrisposte da agenzie di viaggio i propri intermediari.

I casi principali in cui il Reverse Charge IVA invece non si applica sono: le prestazioni di servizi verso un contraente generale a cui si affida la totalità del lavoro; le demolizioni con successive realizzazioni di nuove costruzioni; le cessioni di apparecchi utili al servizio pubblico radiomobile terrestre di comunicazioni soggette alla tassa sulle concessioni governative; i servizi di spurgo, derattizzazione e spalatura neve; la sostituzione dei componenti di un impianto di un edificio dove sia prevista solo la sostituzione.

In ambito strettamente edile, non si applica per: le predisposizioni del cantiere; le opere di perforazione, trivellazione e realizzazione di coperture; il nolo a caldo di macchinari e attrezzature.

Non si applica nemmeno per cessioni di materiali lapidei che provengono da miniere o cave e di PC con annessi componenti e accessori.

 

Reverse Charge, esempio

Per chiarire al meglio cos’è il Reverse Charge IVA e come funziona, così da comprendere meglio anche i motivi per cui è stato introdotto all’interno dell’Unione Europea, può essere utile un esempio pratico.

L’operazione ipotizzata è la vendita tra due soggetti: l’acquirente X è passivo rispetto all’imposta, e sussistono i presupposti per l’inversione contabile dell’IVA. Per la suddetta operazione, viene emessa una fattura per 2000 euro, con codice di esenzione IVA in base all’art.17, commi 5 e 6 del d.p.r. 633/1972.

Cosa succede di seguito?

Il venditore deve emettere la fattura senza addebitare l’IVA e, quindi, viene registrato in contabilità il credito di 2000 euro verso l’azienda X come ricavo per la cessione di beni o prestazione di servizi.

L’acquirente riceve la fattura e deve registrarla integrandola con l’IVA (ipotizzata al 22 per cento); il soggetto ricevente registra quindi l’acquisto, emette e registra l’autofattura.

L’acquisto verrà registrato in contabilità dall’acquirente con la diciture:

. merci conto acquisti per 2000 euro;

. IVA su acquisti a fornitore esente Reverse Charge IVA per 440 euro.

Per l’autofattura, l’acquirente dovrà invece registrare: cliente per autofattura a vendita fittizia di merci e IVA su vendite.

Da un punto di vista contabile, l’acquirente evidenzia dunque l’IVA sia in dare che in avere, neutralizzando in questo modo l’operazione per quanto riguarda l’IVA.

In conclusione, il Reverse Charge IVA, anche detto inversione contabile, prevede come aspetto particolare l’emissione dell’autofattura. In questo modo, è il destinatario che corrisponde l’IVA all’Erario e non il fornitore. Infatti, nel caso in cui non si fosse applicato il Reverse Charge al nostro esempio, sarebbe stata emessa una normale  fattura con un importo dell’aliquota IVA, poi versato dall’acquirente al fornitore che, a sua volta, l’avrebbe versato allo Stato. L’acquirente invece avrebbe portato in detrazione la stessa.

Con il Reverse Charge IVA, invece è l’acquirente stesso a farsi carico di entrambe le operazioni.

 

Reverse Charge IVA: pc portatili, tablet e consolle da gioco

Proprio perché l’obiettivo principale del Reverse Charge IVA è limitare l’evasione fiscale IVA, il campo di applicazione viene progressivamente esteso grazie dall’evoluzione normativa della UE degli ultimi anni.

Se si è partiti infatti da settori quali l’edilizia a quello immobiliare e, oggi, si è arrivati a prendere in considerazione anche un altro importante ambito in costante espansione, quello dell’hi-tech.

A partire dal 2 maggio 2016, in seguito alle direttive 2013/42/UE e 2013/43/UE che sono andate ad integrare il d.p.r. 633/1972, il regime dell’inversione contabile è stato esteso anche al settore che comprende la vendita di tablet, pc portatili e consolle da gioco, categorie di prodotti innovativi e tecnologici, che fanno parte di un settore sempre all’avanguardia e in voga.

Il regime per questa tipologia di beni si applica solo fino alla fase che precede il commercio al dettaglio e, quindi, dato che non esistono specifiche operative aggiuntive, gli acquisti di tablet, consolle da gioco e pc portatili sono sottoposti a regime IVA ordinario se effettuati, in generale, per un utilizzo strumentale in proprio, anche se il soggetto che procede all’acquisto sia passivo IVA a tutti gli effetti.

La normativa sul Reverse Charge IVA ha requisiti temporanei, delimitata nel suo periodo di applicazione temporale dall’articolo 199 bis della direttiva n. 2006/112 che specifica che il Reverse Charge sul settore hi-tech e su quello energetico sarà in vigore fino al 31 dicembre 2018.