Consulente finanziario: chi è
Secondo la legge, è un consulente finanziario abilitato la persona fisica che, ai sensi della direttiva 2004/39/CE (la c.d. Direttiva MIFID), esercita professionalmente l’offerta fuori sede come dipendente, agente o mandatario.
L’offerta si riferisce alle indicazioni fornite a un cliente per effettuare scelte di investimenti in strumenti finanziari e ai consigli sulle relative operazioni più adatte rispetto alla situazione economica del cliente e ai suoi obiettivi di guadagno.
Un primo chiarimento terminologico è d’uopo: i “promotori finanziari” come categoria professionale non esistono più. Dopo un iter durato parecchi mesi, con la Legge 208 del 28/12/2015, il Legislatore ha stabilito di chiamare i rappresentanti della categoria professionale oggetto del presente articolo: consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede, rimarcando così chiaramente un aspetto fondamentale di tale mestiere, cioè l’abilitazione a offrire consulenza finanziaria in un luogo esterno alla banca o ad un’istituzione finanziaria.
La facoltà di offrire consulenza finanziaria fuori sede è l’aspetto cruciale: il personale dipendente di banca ad esempio non ha questa facoltà, a meno che non abbia conseguito anche l’abilitazione in oggetto.
Lo svolgimento dell’attività di consulente finanziario esterna alla banca, unitamente a specifiche competenze del settore e ad una elevata personalizzazione del servizio in base alle caratteristiche del singolo investitore, contribuisce a cementare nel lungo periodo la relazione di fiducia col cliente, che percepisce una figura professionale meno legata ad un istituto finanziario e più vicina a lui.
Trading online, Forex, Indici di borsa, Derivati finanziari, Agenzie di rating, investimenti presso gli istituti creditizi nonostante le banche a rischio: orientarsi è tutt’altro che facile nell’universo della finanza… Per questo, è spesso suggerito avvalersi di un professionista serio.
Quella del consulente finanziario è divenuta una categoria professionale sempre più cruciale: insieme alla salute e alla tutela legale dei propri diritti, la gestione del denaro ed il benessere economico sono tra le cose più importanti per ognuno di noi. Rispetto al medico o all’avvocato, la categoria è però ancora poco presente fra gli specialisti accreditati a cui il privato si rivolge, anche per il fatto che avvalersene presenta alcune complessità che possono disorientare chi non è del settore.
Come si diventa consulente finanziario
Per far parte della categoria professionale del consulente finanziario occorre possedere alcuni requisiti stabiliti dalla legge a presidio della sicurezza del cliente:
– requisiti di onorabilità, ossia non essere stati condannati a pene detentive a causa della trasgressione rispetto a leggi economico finanziarie;
– requisiti di professionalità, ossia avere un titolo di studio non inferiore al diploma di scuola superiore e, inoltre, aver superato con esito positivo un rigoroso esame valutativo indetto dalla Consob (oppure avere una pregressa esperienza professionale particolarmente qualificata, condizione che esenta dall’esame).
La maggior parte dei consulenti finanziari – sia quelli che operano esclusivamente all’interno di banche che quelli che svolgono la propria attività all’esterno recandosi fisicamente dal cliente – per intraprendere questa carriera, oltre a possedere i requisiti professionali e di onorabilità, deve sostenere l’esame apposito.
Consulente finanziario: Albo
I due requisiti di onorabilità e professionalità danno la possibilità dell’iscrizione all’Albo Unico tenuto dall’Organismo dei Consulenti Finanziari, da rinnovare ogni anno dietro pagamento di apposita quota, condizione necessaria per svolgere l’attività e che deve essere sempre comunicata in sede di primo incontro coi clienti.
La professione del consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede nel nostro paese può essere esercitata solo da chi è iscritto all’Albo.
Consulente finanziario: cosa fa
In estrema sintesi, questa è la definizione di ciò che fa un consulente finanziario: sulla base di analisi e della conoscenza del mercato, il consulente finanziario fornisce suggerimenti e le migliori indicazioni al cliente per operazioni di investimento in strumenti finanziari, compatibili e adeguate alla situazione economica dello stesso e ai suoi obiettivi, valutando i vincoli di rischio, rendimenti e costi commisurati.
Esistono diverse tipologie di consulente finanziario.
La variabile discriminante fra i diversi tipi di consulente non è tanto il luogo fisicamente esterno alla banca dove l’offerta viene proposta e i contratti sottoscritti, ma piuttosto chi paga il consulente (la banca o il cliente?) e come viene pagato.
Dipendenti o Agenti? A questo proposito, la legge sopra richiamata stabilisce che il consulente finanziario può svolgere la sua attività in diversi modi: sia come dipendente regolarmente pagato dalla banca che come puro agente remunerato tramite provvigioni sui ricavi che egli stesso genera con la consulenza e che divide con la banca o l’istituto che gli conferisce l’incarico. Questo incarico è sempre e solo monomandatario: la normativa dice molto chiaramente che l’attività di consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede è svolta unicamente nell’interesse di un solo soggetto (la banca o istituzione finanziaria che dà l’incarico al consulente) poiché quest’ultimo è responsabile in solido dei danni arrecati a terzi dal consulente, anche se tali danni derivano da responsabilità penali.
Occorre quindi prestare attenzione a questo aspetto: secondo la legge, in caso di danni subiti a causa di imperizia o dolosamente, il cliente ha le spalle coperte da un’istituzione finanziaria e non solo dal consulente finanziario.
Un’ulteriore tipologia di consulente finanziario è quella dei cosiddetti autonomi, professionisti pagati solo in base ad una commissione percentuale calcolata sul patrimonio che amministrano (fee only), indipendentemente dagli strumenti finanziari oggetto di consulenza. Questo aspetto può fare una notevole differenza visto che i consulenti finanziari non autonomi, invece, tramite retrocessioni versate loro da chi produce gli strumenti finanziari, percepiscono spesso remunerazioni diverse a seconda dei diversi investimenti che suggeriscono, esponendosi così ad influenze esterne che possono pregiudicarne l’indipendenza. Questi incentivi non venivano apertamente dichiarati fino ad oggi ma, vista la loro importanza, dal 2018 devono essere per legge esplicitati nella rendicontazione periodica da parte degli intermediari finanziari. Data la delicatezza dell’argomento, secondo la legge, i consulenti pagati solo a parcella sono chiamati autonomi proprio per marcare la loro indipendenza da queste criticità. Per essi, la banca presso cui vengono mantenuti gli investimenti è indifferente in quanto il cliente, per dare un incarico di consulenza sugli investimenti, non sposta i denari da una banca all’altra ma si limita a trasmettere all’istituto dove i soldi sono detenuti i suggerimenti di vendita o acquisto forniti dal consulente scelto.
Anche per questi professionisti vi è una sezione specifica dell’Albo Unico sopra menzionato dove devono figurare, dopo aver sostenuto un esame, ed aver soddisfatto requisiti di onorabilità e professionali simili a quelli per i consulenti abilitati all’offerta fuori sede.
Il Private Banker: chi è e cosa fa
Chiudiamo questa rassegna delle figure professionali che si occupano di consulenza finanziaria con il Private Banker, denominazione generica che non viene menzionata espressamente dalla normativa e non prevede un Albo Professionale che ne raccolga i membri.
Nel gergo professionale del settore, benché molto utilizzato, questo termine ha un’accezione non ben delineata. Di solito, sono chiamati Private Banker i consulenti finanziari inquadrati tramite un contratto da dipendente bancario e con un portafoglio a loro assegnato di clienti del segmento private (con una soglia di patrimonio mediamente compresa fra 500.000 e 1.000.000 euro). Anche alcune reti di promotori – strutture di agenti puri senza rapporto di dipendenza – hanno però cominciato a chiamare Private Banker i loro consulenti abilitati all’offerta fuori sede e questo continua a generare una certa confusione soprattutto tra i non addetti ai lavori.
Affidarsi ad un consulente finanziario
Affidarsi ad un consulente finanziario è un passaggio veramente delicato, con cautele e presidi da osservare sulla sicurezza dei denari dei clienti non sempre facilmente individuabili dal pubblico.
La premessa è che il rapporto con un consulente finanziario dovrebbe essere improntato su una buona comunicazione in senso biunivoco.
Da parte del cliente servirebbe il maggior numero possibile di informazioni sulle sue esigenze e caratteristiche personali in modo che il consulente possa suggerire strumenti veramente tarati ad personam e possa garantire la reale personalizzazione del servizio, che poi è la vera ragione per cui si pagano le commissioni. Su questo punto, va detto che, spesso, la comunicazione di queste informazioni è purtroppo erroneamente percepita dal pubblico come inutile e come funzionale al solo manlevarsi da parte della banca sui rischi connessi agli strumenti finanziari consigliati.
Dalla parte del consulente finanziario, invece, per garantire standard sufficienti di sicurezza per i clienti, sarebbe fondamentale esplicitare tutte le informazioni sul proprio possesso dei requisiti professionali e deontologici.
Nella prassi, in entrambi questi passaggi, le condizioni da soddisfare per legge hanno finito spesso per concretizzarsi in un mero rispetto formale, non sostanziale.
Per esempio, è vero che un consulente finanziario per erogare i propri servizi deve essere iscritto all’Albo, ma solo se l’offerta avviene fuori banca. La presenza dei requisiti di professionalità e onorabilità garantiti dall’Albo suddetto dovrebbe invece essere esplicitata sempre, al di là del luogo fisico dove avviene l’offerta, perché è il primo filtro con cui il cliente si protegge.
Qualora si vada invece in banca per chiedere consigli sugli investimenti, la professionalità che contraddistingue il luogo imporrebbe altri presidi sulla correttezza del servizio ma basta leggere le cronache finanziarie degli ultimi anni per riscontrare evidenti debolezze. A prescindere da queste valutazioni, un primo consiglio pratico per il cliente è, anche all’interno delle mura dell’Istituto, accertarsi se chi siede di fronte a lui ha un’abilitazione a erogare consulenza finanziaria e se ha svolto mansioni e sostenuto esami specifici in materia.
Magari, può essere inoltre opportuno chiedere se l’istituto offre strumenti finanziari di propria produzione, su cui ha perciò una forte convenienza economica a dirottare i suggerimenti, oppure se offre solo prodotti di società terze e quanti ne offre. Fortunatamente, su questo secondo punto la trasparenza che sarà imposta dalla c.d. normativa MIFID 2, che dovrà essere applicata nel 2018, aiuterà molto il cliente a valutare la bontà del servizio ricevuto.