Reddito di Cittadinanza: di cosa si tratta
In Italia, il Reddito di cittadinanza è stato introdotto ufficialmente nell’aprile del 2019, dopo la pubblicazione della Legge di Bilancio 2019 e l’approvazione del decreto legge da parte del Consiglio dei Ministri del 17 gennaio 2019. La nuova legge contiene tutti i dettagli del provvedimento e ne comunica le risorse totali stanziate, ovvero circa 7 miliardi di euro per il 2019, 7,8 miliardi per il 2020 e circa 8 miliardi per il 2021.
In sintesi, il Reddito di cittadinanza si riassume in un sussidio economico erogato a persone disoccupate appartenenti a famiglie residenti in Italia, che possiedono determinati requisiti e condizioni, e in un piano di reinserimento nel mondo lavorativo.
In pratica, il Reddito di cittadinanza è stato pensato come un sostegno alle famiglie e alle persone che vivono sotto una soglia minima di povertà definita e che guadagnano tendenzialmente meno di 780 euro mensili.
Da sempre principale obiettivo del partito politico italiano Movimento 5 stelle, il Reddito di cittadinanza non dovrebbe avere soltanto la finalità di elargire somme di denaro ai beneficiari ma, fondamentalmente, dovrebbe accompagnare il soggetto beneficiario verso un coinvolgimento sociale e lavorativo. Secondo il Movimento 5 Stelle, il Reddito di cittadinanza è quello strumento che ha l’obiettivo sociale di ridurre povertà e disuguaglianza, restituendo quindi un minimo di equità economica e sociale.
Attraverso un programma di reinserimento professionale e il conseguente ipotetico miglioramento della leva della domanda ed offerta di lavoro, il Reddito di cittadinanza dovrebbe essere anche lo strumento capace di diminuire il tasso di disoccupazione.
Infine, con Il Reddito di cittadinanza si fa anche riferimento al sussidio economico destinato alle persone che percepiscono l’assegno della pensione ma che non riescono a raggiungere la soglia minima di riferimento. In questi casi si parla di Pensione di cittadinanza.
Reddito di Cittadinanza 2019: cosa prevede e chi ne ha diritto
Secondo quanto stabilito dal decreto, il Reddito di cittadinanza viene erogato attraverso una carta prepagata di Poste Italiane chiamata Carta Rdc (in pratica, una classica PostePay), che può essere utilizzata per gli acquisti di beni di prima necessità o per prelevare contanti con un limite massimo di 100 euro, se il beneficiario è uno, o di 210 euro, se invece ci sono più persone aventi diritto al prelievo. In questo modo, si presume che i beneficiari del sussidio possano essere monitorati da parte delle autorità competenti attraverso specifiche piattaforme digitali, per evitare le spese non ammesse (ad esempio, gioco d’azzardo). Inoltre, l’ammontare non speso o prelevato viene sottratto – nei limiti del 20 per cento del beneficio erogato – nella mensilità successiva a quella in cui il sussidio non è stato speso.
Il decreto sul Reddito di cittadinanza prevede inoltre che, entro trenta giorni dal riconoscimento del sussidio, ogni singolo beneficiario debba essere contattato dai Centri per l’impiego affinché possa essere inserito in un percorso di formazione e di reinserimento nel mondo del lavoro.
Oltre ad avere l’obbligo di mettere a disposizione otto ore settimanali previste di impegno anche per lavori di pubblica utilità, chi riceve il Reddito di cittadinanza non potrà rifiutare più di tre proposte lavorative congrue, pena la perdita del diritto al sussidio economico. Per offerta di lavoro congrua, si intende una proposta di lavoro in linea con il curriculum vitae dell’interessato e all’interno di un certo raggio chilometrico della residenza del beneficiario.
Se un individuo risulti già adeguatamente formato, il Reddito di cittadinanza prevede anche che egli debba stipulare il cosiddetto Patto per il lavoro con uno dei Centri per l’impiego designati. Invece, chi ha necessita di ulteriori corsi di formazione deve stipulare un accordo per la formazione con le aziende o altri enti formativi.
Infine, chi sia impossibilitato per vari motivi a lavorare deve sottoscrivere il Patto per l’inclusione sociale, dove vengono coinvolte altre strutture, come i Centri per i servizi sociali.
Il Reddito di cittadinanza è erogato a tutti i soggetti persone fisiche che rispettano determinate condizioni descritte di seguito:
- hanno perduto il lavoro contro la loro volontà;
- non percepiscono un reddito;
- ricevono un reddito da lavoro ma non sufficiente per poter vivere in maniera adeguata.
Si tratta pertanto di uno provvedimento che prevede un sussidio economico, con l’obiettivo di aiutare e sostenere da un punto di vista economico un universo stimato dall’Istat nel 2017 e dai calcoli derivanti dall’ultima rettifica da parte del Governo in circa un milione e 250 mila famiglie (compresi anche i nuclei stranieri), composte da circa 5 milioni di individui che si trovano in una situazione economica, sociale e lavorativa assolutamente precaria.
Nel momento in cui ci si reca a presentare la domanda, per poter ricevere il beneficio economico è fondamentale, essere residenti in Italia da almeno 10 anni, di cui gli ultimi 2 anni in maniera continuativa.
Per quanto concerne invece i requisiti economici, il richiedente deve possedere:
- un valore dell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) – strumento per misurare la situazione economica delle famiglie richiedenti – che non deve superare i 9360 euro annui;
- un valore del patrimonio immobiliare non superiore ai 30 mila euro annui;
- un patrimonio finanziario non superiore a 6 mila euro annui (e che non deve superare la soglia dei 20 mila euro annui per i nuclei familiari con componenti disabili).
Ecco qualche dato nei primi mesi dopo l’entrata in vigore del decreto: al 1 maggio 2019, le richieste relative al reddito di cittadinanza pervenute attraverso Inps, Poste Italiane e i Centri di Assistenza Fiscale (canale preferito dai richiedenti il beneficio) risultano essere poco più di un milione. La Campania risulta essere la regione italiana che ha fatto registrare il maggior numero di richieste (circa 170 mila) seguita poi da Sicilia, Lazio, Puglia e Lombardia. Al contrario, le regioni con il minor numero di domande risultano essere Valle D’Aosta, Trentino Alto Adige e Molise.
NASPI: di cosa si tratta
Con l’acronimo NASPI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego), si fa riferimento a quella misura di sostegno economico, contemplata dall’ordinamento giuridico italiano, che ha lo scopo di assicurare un reddito a tutti quei soggetti che si trovano in una situazione di disoccupazione involontaria o che si sono licenziati volontariamente ma a seguito di una giusta causa, dovuta ad un comportamento del datore di lavoro.
Questa misura sociale è stata introdotta dal governo dell’ex premier italiano Renzi nel quadro del decreto relativo al Jobs Act, la riforma del diritto del lavoro con provvedimenti emanati nel 2014 e 2015. Insieme alla NASPI, tale decreto ha introdotto anche la disoccupazione per i collaboratori coordinati e continuativi Co Co Co ( indennità DIS-COLL) e l’assegno di disoccupazione (ASDI) erogato a tutti coloro che hanno usufruito della NASPI per tutta la sua durata, senza aver trovato un’occupazione e che versano in una condizione di particolare disagio economico.
La NASPI è messa a disposizione dall’INPS ed è finanziata attraverso un prelievo contributivo pari all’1,3 per cento dell’imponibile di tutti i lavoratori attivi. A differenza del precedente strumento (ASPI), che assicurava l’indennità di disoccupazione a chiunque potesse vantare almeno due anni di assicurazione e uno di contribuzione effettiva negli ultimi due anni, la NASPI prevede che al lavoratore disoccupato possa essere riconosciuta l’indennità se riesce a far valere almeno 13 settimane di contribuzione e 30 giornate di lavoro effettivo nei quattro anni precedenti alla data effettiva di inizio della disoccupazione.
In ogni caso, l’indennità mensile non può superare la soglia di 1314,30 euro e l’erogazione della prestazione dipende dal requisito imprescindibile che il lavoratore dia la propria disponibilità ad accettare un nuovo lavoro.
Il decreto legislativo n. 22 del marzo 2015 prevede che la NASPI venga corrisposta per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni del lavoratore.
La somma dell’indennità è pari al 75 per cento della retribuzione mensile media, calcolata sul periodo di maturazione del diritto, seppur con un tetto massimo. Dopo i primi 6 mesi di godimento, il decreto prevede una decurtazione del 15 per cento ed un’ulteriore decurtazione di pari percentuale è prevista al superamento del dodicesimo mese.
Reddito di Cittadinanza e NASPI: differenze
Al di là delle caratteristiche, dei metodi di calcolo e della entità delle erogazioni, la differenza principale tra la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASPI) e il Reddito di cittadinanza, è la finalità dei due strumenti.
Nel caso del Reddito di cittadinanza, pur prevedendo l’erogazione di un sussidio economico, lo scopo principale dello strumento è l’inserimento (o il reinserimento) del disoccupato nel mondo del lavoro attraverso diverse offerte professionali che, alla terza ed ultima proposta, deve obbligatoriamente accettare, pena l’esclusione del soggetto dalla percezione del beneficio economico. In definitiva, il reddito di cittadinanza è uno strumento che si propone di intervenire in maniera più completa ed attiva.
La NASPI è invece una vera e propria indennità di disoccupazione a sostegno del reddito che dura per tutto il periodo di inattività lavorativa. A differenza del reddito di cittadinanza, però, spetta allo stesso lavoratore trovare un nuovo impiego, senza quindi l’ausilio dello Stato.
Peraltro, a dimostrazione delle finalità delle due iniziativa che si possono anche considerare come complementari, la percezione dell’indennità di disoccupazione della NASPI è compatibile con la domanda per il Reddito di Cittadinanza, il cui importo viene però rimodulato sulla base di quello della NASPI.
Un’altra differenza tra il Reddito di Cittadinanza e la NASPI è l’arco temporale dei due strumenti: il Reddito di Cittadinanza spetta per l’intero periodo i cui vengono soddisfatti i requisiti con un massimo di 1 anno e mezzo, la NASPI viene erogata per la metà delle settimane di contribuzione negli ultimi 4 anni (con un massimo, pertanto, di 24 mesi).