Il segreto bancario è una formula che sintetizza una consuetudine vigente nei rapporti bancari, in forza della quale viene tutelata la riservatezza dei clienti in relazione ai rapporti d’affari intrattenuti con gli istituti bancari.
in Italia, il diritto non disciplina espressamente e in maniera specifica il segreto bancario. Il fondamento normativo si può ricavare dall’esame di talune disposizioni di legge che, sotto vari profili (penale, fiscale, amministrativo), consentono di ricavare le norme a tutela della riservatezza dei rapporti intercorrenti tra i clienti e la banca, sempre senza trascurare gli aspetti di trasparenza bancaria nei confronti del Fisco.
Di base, esiste fondamentalmente una normativa costituzionale (artt. 13, 14, 15 della Costituzione) predisposta al fine di tutelare la libertà personale, l’inviolabilità del domicilio e la segretezza della corrispondenza oltre ad ogni altra forma di comunicazione. Detto ciò, la possibilità di ottenere informazioni presso le banche spetta all’autorità giudiziaria qualora operi in vista della repressione dei reati.
In Italia, il segreto bancario non sussiste quindi nei confronti dell’autorità giudiziaria che, in virtù dell’articolo 25 del codice di procedura penale vigente, può procedere al sequestro presso le banche di ogni tipo di documenti (oltre che di titoli, valori, ecc.), quando abbia fondato motivo di ritenere che siano pertinenti al reato e non appartengano all’imputato o non siano iscritti a suo nome.
In sintesi, questo è il quadro normativo italiano circa il segreto bancario.
Può essere interessante analizzare cosa si intenda per segreto bancario in altri paesi.
Paesi con segreto bancario assoluto
Come per la maggior parte degli ambiti, anche in tema di trasparenza fiscale e finanziaria si possono stilare delle classifiche circa l’approccio al tema del segreto bancario nei vari stati.
Esiste ad esempio il Tax Justice Network (in italiano: rete di giustizia fiscale), un’organizzazione composta da attivisti e ricercatori con il mero scopo di controllare l’attività nei paradisi bancari per cercare di contrastare l’evasione fiscale; tale network elabora il Financial Secrecy Index, che riporta annualmente la classifica dei paesi indicati come paradisi fiscali secondo un cosiddetto indice di opacità.
Prendendo in considerazione i primi 10 paesi meno virtuosi, ovvero quelli più segreti da un punto di vista di opacità bancaria, il board indica al primo posto nel 2018: Vanuatu, il cui nome ufficiale è Repubblica di Vanuatu, uno stato insulare situato nell’Oceano Pacifico meridionale a circa 750 km dall’Australia. Seguono Antigua & Barbuda, isole dell’America centrale caraibica appartenenti al Commonwealth. Al terzo posto, si trovano le più note Bahamas. In ordine, vengono poi citati Paraguay, Brunei, Emirati Arabi Uniti, Maldive, Bolivia, Kenia, Thailandia.
Segreto bancario: Svizzera
Anche se non risulta essere nell’elenco dei primi 10 paesi più segreti al mondo in termini di privacy fiscale e bancaria, la Svizzera resta ancora per antonomasia la capitale del segreto bancario. Secondo la definizione del Dipartimento Federale delle Finanze Elvetico, il segreto bancario è la protezione dell’ambito privato dei clienti degli istituti bancari da interventi non giustificati da parte dello Stato.
Una seconda classifica, stilata sempre dal Tax Justice Network, che, oltre al grado di segretezza di un singolo paese fa riferimento anche alle dimensioni dei singoli centri finanziari in termini di servizi offerti ai non residenti, la Svizzera resta al primo posto, seguita da Usa, isole Cayman, Honk Kong, Singapore ecc.
Secondo questa classifica, la Svizzera ha pertanto ancora un ruolo primario tra gli stati ad alto tasso di tutela del segreto bancario.
Introdotto in Svizzera nel 1934 durante la Grande Depressione per proteggere i capitali in fuga dalle mire dei governi dei paesi in crisi, l’istituto del segreto bancario, che ha reso proprio il sistema bancario elvetico uno dei più importanti a livello internazionale, sembrerebbe in teoria essere arrivato al rush finale. La Svizzera ha infatti aderito al Common Reporting Standard (CRS), il sistema multilaterale di scambio automatico di informazioni fiscali e finanziarie. Sembrerebbe, infatti, che ora i colossi mondiali di gestione del denaro, come UBS e Credit Suisse, dovranno essere più collaborativi con le autorità e non dovranno essere ostili allo scambio automatico di informazioni rispetto a un centinaio di paesi, tra cui l’Italia.
Da inizio 2017, come previsto dagli accordi, le banche svizzere hanno infatti cominciato a raccogliere i dati dei clienti stranieri che avevano depositato i loro capitali nei caveau degli istituti di credito dei vari cantoni elvetici. Dal 2018, dovranno trasmetterli almeno una volta all’anno al Fisco elvetico, che li inoltrerà a sua volta alle autorità fiscali dei paesi stranieri su richiesta diretta. Per i cittadini europei, saranno condivisi dati anagrafici, averi e redditi dei capitali depositati nella Confederazione elvetica.
In realtà, non è però tutto così semplice come sembra, poiché il Parlamento elvetico, tutt’altro che entusiasta della possibilità e delle modalità con le quali possano essere utilizzati i dati trasmessi dal Fisco svizzero, ha fatto di tutto negli anni per rallentare lo scambio automatico di informazioni e renderlo dunque meno immediato. Inoltre, il Parlamento svizzero è riuscito a strappare una condizione favorevole per i clienti delle banche: infatti, tutti gli istituti bancari elvetici potranno comunicare ai propri clienti residenti all’estero la richiesta riguardante le loro informazioni e quali di queste trasmetteranno al Fisco dello stato di appartenenza. Sulla base di ciò, i clienti delle banche potrebbero addirittura chiedere la modifica dei dati da comunicare e, in caso di mancato accordo, sottoporre la loro richiesta al tribunale civile.
La situazione legata al progressivo indebolimento del segreto bancario in Svizzera è pertanto ancora in divenire. Facendo sempre riferimento ai dati forniti dal Financial Secrecy Index 2018, la Svizzera resta infatti ancora un posto sicuro per chi desidera godere di una grossa sfera di privacy; solo i dati dei prossimi anni potranno davvero dirci se il segreto bancario in Svizzera è stato davvero superato.
Segreto bancario: Austria
Oltre alla Svizzera, all’interno dell’Unione Europea vi sono stati in passato dei paesi in cui era possibile approfittare di condizioni agevolate per l’apertura di determinate tipologie di rapporti bancari: uno di questi paesi era ad esempio l’Austria, dove il segreto bancario offriva condizioni operative interessanti per chi voleva far gestire il proprio denaro a una banca austriaca. L’Austria, inoltre, non figurava in alcuna black list.
Scegliere di aprire un conto corrente in Austria poteva essere peraltro una valida opzione per chi voleva beneficiare di servizi all’altezza delle aspettative, data l’affidabilità della banche e la precisione nella gestione dei rapporti, e voleva comunque approfittare di una maggior tutela della sua privacy bancaria.
Come la Svizzera, anche l’Austria ha detto sì alla trasparenze dei depositi aderendo già nel 2014 all’accordo politico stipulato fra i 28 governi europei per cercare di contrastare il fenomeno dell’evasione fiscale.
Successivamente anche l’Austria ha aderito all’accordo CRS.
Dal 2018, anche in Austria gli istituti bancari hanno pertanto l’obbligo di trasmettere alle autorità competenti le informazioni relative ai saldi di conto e ad altre informazioni fiscali e finanziarie dei propri clienti.
Segreto bancario: Slovenia
Data la vicinanza con l’Italia e considerata un possibile ponte di passaggio verso i paesi dell’Est europeo, anche la Slovenia è stata ed è spesso presa in considerazione da chi, per un motivo o per l’altro, preferisce aprire rapporti bancari all’estero. Le banche della Slovenia sono state infatti spesso utilizzate in passato per depositare capitali derivanti da affari non sempre leciti, col fine di sfuggire alle rigide norme antiriciclaggio del nostro paese.
Si può citare come esempio qualche caso di questo tipo che ha riguardato la banca slovena New Credit Bank Maribor (Nkbm).
Prendendo sempre come riferimento la classifica stilata dal Tax Justice Network, la Slovenia risulta ora essere il paese con una giurisdizione più virtuosa in tema di opacità finanziaria, quindi meno segreta.
Non si può dire con esattezza quanto la Slovenia sia idealmente trasparente, competitiva e favorevole al mercato ma, dalle analisi e da casi pratici, risulta sicuramente un paese con meno sbavature rispetto a prima quando si parla di scambi automatici di informazioni fiscali e finanziarie riguardanti clienti delle banche residenti all’estero.
Segreto bancario: Dubai
Per quel che riguarda il segreto bancario vigente a Dubai, si può in generale allargare il discorso a tutti gli Emirati Arabi Uniti, essendo Dubai la capitale di uno dei 7 emirati.
Dubai può sicuramente essere ancora considerato come un paradiso fiscale, data soprattutto una tassazione abbastanza vantaggiosa ma, in teoria, non più come un paese dove poter andare ad aprire rapporti bancari per usufruire di un segreto bancario integrale.
Anche gli Emirati infatti hanno infatti aderito allo scambio di informazioni automatico, sottoscrivendo il sistema multilaterale di scambio automatico di informazioni fiscali e finanziarie Common Reporting Standard. I paesi che sottoscrivono tale convenzione accettano di collaborare con le autorità competenti qualora quest’ultime richiedano informazioni finanziarie e fiscali.
Da un punto di vista formale, sembrerebbe dunque che anche negli Emirati il segreto bancario sia arrivato al fotofinish ma, come per la Svizzera, sugli sviluppi pratici e sulle modalità di comunicazione di informazioni e dati legati ai clienti delle banche arabe, c’è ancora molto da lavorare se si vuole fare riferimento ad una reale trasparenza bancaria… Infatti, nel Financial Secrecy Index 2018, Dubai e gli Emirati Arabi Uniti risultano ancora ai primi posti.
Segreto bancario: normativa
Il processo di globalizzazione fiscale e finanziaria è stato graduale ed è stato favorito dalla crisi finanziaria del 2008, che ha impoverito numerosi Stati, costringendoli ad andarsi a prendere i capitali che molti loro cittadini avevano occultato su conti cifrati in altre valute.
Tale processo si è basato principalmente su 2 accordi:il FATCA, normativa USA, e il CRS, normativa internazionale.
Con l’accordo intergovernativo FATCA (Foreign Account Tax Compliance), operativo in Italia dall’inizio di luglio 2014, le banche di altri paesi extra USA sono tenute a identificare i titolari dei conti detenuti nel proprio stato da cittadini e residenti negli Stati Uniti e a trasmetterle tramite le agenzie delle entrate nazionali alla Internal Revenue Service (Irs), l’Autorità fiscale USA; l’accordo prevede anche il processo inverso, ovvero la comunicazione da parte degli Stati Uniti di informazioni relative ai conti detenuti in banche nel territorio americano di cittadini stranieri.
Il Common Reporting Standard (CRS) è un accordo internazionale che prevede l’implementazione di un nuovo modello di scambio di informazioni. Il concetto differente e nuovo è che lo scambio di informazioni, a differenza dell’accordo FATCA, non è su richiesta ma automatico.
Fondamentalmente, il CRS supera di fatto il FATCA a livello internazionale.
Il CRS insieme ad altre iniziative, come la voluntary disclosure per il rientro di capitali stranieri,, avrà quindi come obiettivo finale quello di evitare il trasferimento incontrollato di capitali in paesi che sfuggono alle verifiche, al fine di contrastare l’evasione fiscale, il riciclaggio di denaro derivante da attività illecite e i traffici della malavita organizzata.